Sviluppo Emotivo: Come Aiutare il Bambino A Gestire le Emozioni

I fattori di distrazione più potenti sono le nostre emozioni: tutto ciò che è in grado di suscitare in noi forti sensazioni attira la nostra attenzione
D. Goleman

 

Le emozioni sono tra le componenti più prepotenti che guidano il nostro essere e la nostra vita.

Nonostante il loro sviluppo emotivo avvenga in modo innato e non controllabile rappresenta uno degli aspetti evolutivi più importanti per la costruzione di una personalità adulta ben strutturata.

In questo articolo cercherò di descrivere brevemente le basi neurologiche delle emozioni, in modo da poterle analizzare globalmente nel contesto dello sviluppo emotivo del bambino.

Occorre sottolineare che l’argomento si presenta in modo molto più complesso rispetto al modo in cui lo spiegherò, ma ritengo che in questa occasione sia maggiormente interessante capirne semplicemente le basi per proseguire nel nostro cammino verso la comprensione dello sviluppo.

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Cos'è il Cervello Emotivo

 

E' bene che gli uomini sappiano che il piacere e la gioia, le risa e gli scherzi così come le sofferenze e i dolori, le pene e le lacrime prendono origine dal cervello e solo dal cervello. In particolare, è solo attraverso il cervello che noi pensiamo, vediamo e sentiamo, distinguiamo il bello dal brutto, il cattivo dal buono, il piacevole dallo spiacevole...
Ippocrate, V secolo a.C.

Viene definita "emozione" l’Insieme delle risposte fisiologiche legate al rilevamento, da parte del cervello, di situazioni impegnative.

Quindi l’EMOZIONE può essere intesa come un allontanamento dal normale stato di quiete dell’organismo a cui si accompagnano specifiche reazioni fisiologiche interne connesse alle diverse risposte (gioia, tristezza, paura) e l’impulso all’azione.

La risposta emotiva è caratterizzata da:


- una dimensione fisiologica che avviene a livello del Sistema Nervoso Centrale, Sistema Nervoso Autonomo e Sistema Endocrino i quali coordinano e regolano il livello di stress e ansia
- una dimensione cognitiva perché il soggetto valuta l’evento
- una dimensione motivazionale, in quanto, il comportamento viene orientato in base a desideri e scopi. In genere siamo più portati a ricercare attivamente eventi piacevoli ed evitare quelli spiacevoli.
- un livello espressivo e comunicativo che rende difficile l’inibizione a manifestare le emozioni, essendo determinato dai movimenti involontari dei muscoli facciali (avete presente la serie televisiva “Lie To Me”?)
- un livello sociale perché le emozioni solitamente non si presentano senza una ragione e devono realizzarsi specifiche condizioni, determinate dalle azioni degli altri o da eventi esterni.


Le risposte emotive sono un patrimonio che permettono l’evoluzione della specie e ci accomunano con gli organismi più semplici, in quanto, tutti gli esseri viventi devono percepire emozioni quali, ad esempio, rabbia e paura per sopravvivere.

Nel 1949 il ricercatore Paul McLean definì l’esistenza di una sede anatomica delle emozioni, ipotizzando la teoria del “cervello viscerale”, o “sistema libico”, come lo ribattezzò nel 1952. Tale sistema definito “cervello emotivo” viene considerato come la sede delle strutture responsabili delle emozioni e l’area di questo sistema più implicata nelle emozioni è l’amigdala

Vi è una scorciatoia di trasmissione diretta tra talamo e amigdala che permette ad uno stimolo di paura di suscitare emozioni adeguate senza l’aiuto della corteccia.

Una sotto-regione dell’amigdala, chiamata nucleo centrale, ha delle connessioni con le aree del midollo allungato che sono implicate nelle rispose del sistema nervoso autonomo come il controllo della frequenza cardiaca. Ciò significa che l’apprendimento emotivo può avvenire senza coinvolgimento dei sistemi di elaborazione superiore del cervello

 

Il Ruolo Della Corteccia:

Grazie ad una connessione diretta tra sistema limbico e corteccia prefrontale ogni stato emotivo viene controllato dalla neocorteccia, la quale, gioca il ruolo fondamentale di controllare il comportamento e la risposta allo stimolo.

Infatti, di fronte ad un evento che potrebbe essere potenzialmente pericoloso proviamo un aumento della frequenza cardiaca, un aumento della sudorazione, una spinta a scappare, ma la nostra risposta viene elaborata da un sistema superiore che ci permette di controllare nel modo più adeguato la nostra reazione, evitando di metterci a correre se non è necessario per la sopravvivenza.

Oppure, quante volte ci arrabbiamo intensamente con una persona e proviamo l’imminente impulso di aggredirla? Eppure non lo facciamo! A differenza delle specie animali abbiamo le competenze necessarie per controllare il nostro istinto e mantenere un comportamento il più civilizzato possibile.

Dopo questo veloce e semplificato sguardo alle basi anatomiche delle emozioni possiamo passare alla comprensione dello sviluppo emotivo.

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Lo Sviluppo Emotivo Nello Specifico

 

Lo sviluppo emotivo non avviene per semplice addizione di nuove strutture ma implica cambiamenti di complessità dell’organizzazione.

Avviene una potatura delle connessioni sinaptiche in eccesso, e l’emergere di nuovi e più elaborati circuiti grazie al processo di mielinizzazione.

Ciò permette una interazione tra componenti corticali e subcorticali con un complesso bilanciamento del sistema simpatico e parasimpatico.

Queste modificazioni a livello cerebrale determinano dei cambiamenti qualitativi nella vita emozionale in diversi momenti dello sviluppo precoce.

Molti studi hanno dimostrato come lo sviluppo cognitivo del bambino procede parallelamente al suo sviluppo emotivo.

Si riconoscono 9 tipi di emozioni fondamentali e differenziate:


- interesse
- gioia
- tristezza
- disgusto
- sorpresa
- collera
- disprezzo
- paura
- vergogna


Le principali fasi dello sviluppo evolutivo delle emozioni sono:

 

Primo Periodo: 

Caratterizzato dalle emozioni presenti alla nascita e regolate da processi biologici.

Il sistema endocrino sollecita il sistema gustativo grazie alle sensazioni di piacere, vi sono segnali di interesse e disagio ma non sono ancora forme di interazione e comunicazione.

In questo periodo le emozioni non sono specifiche e distinte, il neonato reagisce allo stesso modo in diverse circostanze come freddo, fame, sete...

Le emozioni diventano specifiche grazie al contatto e alle relazioni che gli altri che permettono di decodificare, comprendere e apprendere determinati comportamenti.

 

Secondo Periodo: (2 mesi al primo anno)

- 6 - 10 settimane iniziano reazioni di sorpresa
- 3 - 4 mesi compaiono emozioni di base come tristezza collera e gioia
- 5 – 7 mesi si aggiungono paura e circospezione grazie alla maggior libertà di movimento
- 8 – 9 paura dell’estraneo come indice del rapporto affettivo di cura e protezione instaurato con il caregiver

Questo secondo periodo è costellato da grandi cambiamenti e scoperte perché il bambino comincia a comunicare le sue intenzioni e ad attuare le prime forme di controllo emozionale

 

Terzo Periodo: (1 ai 3 anni)

Emergono emozioni complesse come timidezza, vergogna, orgoglio, invidia. Questi tipi di emozioni sono apprese e non immediatamente riconoscibili tramite indicatori facciali

Già in tenera età è importante aiutare il bambino nel riconoscimento delle proprie emozioni, ciò non significa inibirgli o impedirgli di provare alcune emozioni come la frustrazione, la rabbia.. ma, piuttosto, offrirgli una chiave di lettura e dei mezzi grazie ai quali lui possa diventare capace di riconoscere e, quindi, gestire le sue emozioni.

Se un bambino a seguito di un litigio con un pari scoppia in lacrime correndo da noi il nostro ruolo è quello di spiegargli cosa prova “sei arrabbiato perché ti ha portato via il gioco” senza sminuire né l’evento né quello che prova.

Non dire “i bambini bravi non piangono” oppure “sei forte” perché in lui questi messaggi rimarranno indelebili per tutta la vita e, una volta adulto, ogni qualvolta proverà quelle emozioni cercherà inconsciamente di reprimerle.

Ciò non è produttivo perché le emozioni represse rimarranno in lui accumulandosi e potrebbero causare stati di ansia o attacchi di collera.

Un primo aiuto nel riconoscimento delle emozioni, quindi, è far comprendere al bambino che il suo stato d’animo è corretto.

Il caregiver, quindi, dovrebbe essere un PORTO SICURO per il bambino, dal quale può allontanarsi con serenità e dal quale poter tornare ogni qualvolta si sente incapace di gestire quello che prova, in modo tale la figura di riferimento diviene una maestra.

Una nave in porto è al sicuro ma non è per questo che le navi sono state costruite”.

Ciò non significa che le mamme devono essere perfette, anzi... seguendo il pensiero di Winnicott la madre o il caregiver deve essere “sufficientemente buona” spontanea, autentica, vera quindi con ansie e preoccupazioni, stanchezza, una madre che pur avendo “molte buone ragioni per detestare il figlio” è in grado di rispondere adeguatamente ai suoi bisogni.

Il vero pericolo è una madre che manca di consapevolezza dei propri sentimenti e propri limiti.
Mi miglioro se penso di essere in grado di farlo e se sono sicura di aver agito per amore, e che qualsiasi errore possa aver commesso non è altro che un pezzo, un frammento, una parte di un percorso in costruzione"

La madre sufficientemente buona fornisce un contenimento ai bisogni emotivi del figlio, se ciò viene a mancare si provoca al bambino ansie “impensabili”, il sentimento di andare a pezzi, di essere senza orientamento influenzando i suoi processi di costruzione e integrazione dei primi nuclei del Sè.

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Come Aiutare I Bambini Con Difficoltà Emotive

 

Può accadere per questioni neuro-biologiche che alcuni bambini possano presentarsi come difficilmente gestibili dal punto di vista emozionale e comportamentale.

In questi casi è necessario sottolineare che la colpa non è di nessuno, la componente biologica gioca un ruolo molto forte nella difficoltà a gestire gli stati d’animo.

Se vostro figlio si presenta come:


- facilmente frustrabile
- con eccessiva rabbia e esplosioni di collera
- difficilmente gestibile con le normali regole educative
- impulsivo negli atteggiamenti
- irrequieto
- con difficoltà a giocare con i pari


Sappiate, prima di tutto che molto spesso la colpa non è dei genitori, dell’educazione, della famiglia.

Ciò che occorre fare è rimboccarsi le maniche e cercare dei programmi di gestione alternativi e costruiti ad hoc per lui.

Quello possiamo offrirti in questi casi è un approccio integrato che considera i bisogni del tuo bambino a 360°, partendo da una valutazione globale e completa che considera sia l’aspetto comportamentale che sensoriale, dalle competenze motorie fino a quelle più intellettive.

Solitamente, ciò che facciamo, è proporre un programma terapeutico creato a misura per il tuo bambino, con esercizi semplici ma completi da proporre anche a casa più volte al giorno. In questo modo si incrementa l’efficacia del programma.

Definiamo delle scadenze entro le quali si devono notare dei miglioramenti nel comportamento, se così non fosse il programma viene rivalutato concentrandosi sulla competenza più resistente al trattamento.

Vengono fissati dei followup regolari e degli incontri specifici per monitorare i miglioramenti e per offrire un supporto alla famiglia nell’esecuzione dei compiti.

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Giornalista, Motivatore ed Esperto di Crescita Personale, Mick Manara si è aggregato allo staff di Vadoalmassimo.net per occuparsi di Benessere Mentale e di Miglioramento delle performance personali e professionali. 

La sua variegata preparazione e la sua spiccata curiosità ci potrà regalare spunti interessanti e coinvolgenti al fine di alzare il livello qualitativo della nostra esistenza.

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